Il problema delle incompatibilità con l’esercizio della professione

Giuseppe Sarno – Candidato all’Assemblea dei Delegati – Ordine di Bari

Pochi argomenti riescono a suscitare l’interesse dei nostri Colleghi quanto quello della previdenza della nostra Categoria, indipendentemente dall’età anagrafica – ovvero lavorativa – di chi affronta il tema. D’altra parte, negli ultimi mesi, in concomitanza con l’acuirsi della crisi opprimente che monopolizza l’attenzione di noi tutti, la materia del destino pensionistico delle generazioni attualmente in attività – o che si affacciano al mondo del lavoro – ha opportunamente assunto il ruolo centrale che merita nello scenario del dibattito aperto sui cambiamenti sociali in atto.

Lo spunto per queste brevi considerazioni mi è stato offerto da un pregevolissimo scritto, del quale mi auguro la più ampia diffusione e attenta lettura, ad opera del collega Leonardo Carletti, candidato alle elezioni dei delegati all’Assemblea della Cassa di previdenza dei Dottori Commercialisti, espressione della nostra Associazione per l’Ordine di Roma.

Il “dialogo surreale”, come Carletti ha intitolato il suo pezzo (peraltro la conversazione immaginata ha molto più di reale che non di surreale), con tono leggero ma contenuti molto approfonditi e concreti, affronta l’argomento spinoso delle situazioni d’incompatibilità con l’esercizio della professione previste dall’art. 4 del nostro Ordinamento professionale (D.Lgs. n. 139/2005) nella specifica prospettiva del rapporto che le stesse determinano con la posizione pensionistica dell’iscritto.

Carletti mette in evidenza il disorientamento che coglie l’iscritto giunto al termine del percorso di maturazione del trattamento pensionistico, quando cioè vede emergere aspetti della propria attività professionale che, il più delle volte senza alcuna consapevolezza da parte sua, vengono individuati dalla struttura della nostra Cassa come situazioni d’incompatibilità, con il conseguente annullamento delle annualità interessate da tale condizione.

Possiamo facilmente condividere lo sgomento che consegue a contestazioni di questo genere, che legittimamente conduce a sentimenti di frustrazione e rabbia nei confronti della Cassa, dell’Ordine locale di appartenenza e di tutte le istituzioni a cui tali soggetti di pubblico interesse sono riconducibili.

Personalmente, ho maturato un’esperienza quasi decennale nella Commissione che si occupa delle incompatibilità, istituita dell’Ordine locale a cui appartengo, e posso assicurarvi che in questi anni la situazione descritta si è ripetuta decine di volte e, nella quasi totalità dei casi, l’interessato non era conscio di trovarsi in condizioni non in linea con le previsioni del nostro Ordinamento. La contestazione, infatti, viene usualmente sollevata dalla Cassa di previdenza solo in occasione della richiesta del trattamento pensionistico ovvero, meno frequentemente, di altra prestazione assistenziale o previdenziale.

Naturalmente, nessuno può biasimare la struttura della nostra Cassa di previdenza per la diligenza con cui svolge il proprio compito di tutela rigorosa dell’integrità patrimoniale e di corretta applicazione delle norme del regolamento di disciplina del regime previdenziale. Non si può, però, certo ignorare come le non infrequenti situazioni descritte gettino un’ulteriore luce sinistra sulla serenità e sulla fiducia nel futuro per tutti noi che svolgiamo, nelle precarie condizioni odierne, la Professione, contribuendo ad accentuare quella sensazione di lontananza che la maggior parte degli iscritti avvertono nei rapporti con la Cassa.

Al contrario, nella nostra visione del futuro che lasci alle spalle le negatività del presente, c’è una Cassa di previdenza che costituisca un forte volano di fiducia e di vera sicurezza per chi partecipa alla previdenza di categoria, un elemento anche propulsore per l’evoluzione della Professione, le cui linee di sviluppo oggi riescono appena ad intravedersi nella nebbia greve della crisi economica.

Una Cassa di previdenza che si occupi degli iscritti sia quando questi rivestono essenzialmente la veste di contribuenti, magari agevolandone in vari modi il corretto adempimento degli obblighi, sia quando gli stessi si pongono nella condizione di fruitori delle prestazioni maturate.

Naturalmente, nessuno nasconde come lo stesso Ordinamento professionale meriterebbe un ripensamento profondo della norma che riguarda le incompatibilità ma, questo, è un tema che coinvolge un diverso dibattito e diversi interlocutori istituzionali.

Un possibile intervento volto a circoscrivere, se non ad eliminare, gli effetti peggiori delle situazioni descritte, potrebbe essere quello di rendere periodica e di ordinaria frequenza, ad esempio biennale, l’effettuazione della verifica dell’inesistenza di condizioni d’incompatibilità da parte della Cassa, naturalmente mettendo a punto idonei strumenti amministrativi in collaborazione con l’iscritto medesimo e con l’Ordine di appartenenza. Tale attività consentirebbe l’immediata emersione del problema, evitandone il protrarsi e dando l’opportunità all’iscritto di rimuoverlo in tempi brevi, possibilmente con modalità premiali, in modo da evitare di compromettere le aspettative di raggiungimento della maturazione della prestazione a causa dell’accumularsi di annualità non riconosciute.

Credo che l’avvio di un dibattito su questo tema, finalizzato all’ottenimento di una modifica regolamentare che tenga conto delle legittime aspettative degli iscritti, rappresenti un ottimo programma per chi si candida a rivestire il ruolo di delegato alla Cassa di previdenza per il prossimo quadriennio.

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