Quale è la posta in gioco alla Cassa

Francesco De Giglio – Candidato all’Assemblea dei Delegati – Ordine di Bari

Il 2 luglio dovremo eleggere i Delegati degli Ordini territoriali nell’Assemblea della nostra Cassa di Previdenza. E’ un appuntamento che, sembra, ci interessi poco. Molto meno di altri appuntamenti elettorali, anche di categoria (quali il rinnovo dell’Ordine locale). Ma qui la posta in gioco è veramente il nostro futuro! Un futuro che, per molti, è sempre più lontano, ancorato, com’è, a note vicende di livello nazionale (e internazionale). Quante discussioni, esercizi di dialettica politica, occasioni di scontri e rivendicazioni sulla “pensione”.

Nonostante il “tanto parlare”, come detto, anche stavolta l’appuntamento elettorale sembra viversi “sottotono”. Eppure, è da questi momenti e in queste circostanze che dovremmo concretamente chiederci: “che cosa posso fare per il mio futuro”? Più nello specifico, “quale sarà la mia pensione”?

Raramente ci poniamo questo interrogativo. Forse, per scaramanzia o perché pensiamo debba riguardare un “momento lontano” della nostra vita. Quando affrontiamo il tema, poi, la risposta è (almeno per molti) oscura. Viviamo le relazioni con la nostra Cassa di previdenza con le stesse ansie con cui ci relazioniamo all’Agenzia delle Entrate piuttosto che ad Equitalia. Percepiamo questo nostro istituto di categoria come un Ente impositore, piuttosto che come un “supporto” che ci appartiene, che è preposto a tutelare il nostro benessere futuro, ad assisterci, a rassicurarci. Alla fine di un lungo e faticoso percorso, quando ci sembra “acquisito il diritto” a poter godere dei frutti di tanto lavoro e sacrifici, l’accesso all’agognata pensione può divenire un vero percorso ad ostacoli. Impedimenti di cui non si conosceva prima l’esistenza e mai comunicati prima, quali l’incompatibilità o la carenza della continuità dell’esercizio professionale che – sorpresa delle sorprese – rendendo nulli alcuni anni di regolari versamenti previdenziali. Qui la domanda sorge spontanea: ma se la Cassa ha regolarmente incassato i miei versamenti previdenziali perché solo ora mi comunica che alcuni di questi non sono utili ai fini previdenziali? Solo ora che sono al termine della mia attività professionale ed ho più necessità e meno energie per reagire a ciò che mi pare un vero sopruso?

La nostra cassa fa il necessario per diffondere le informazioni e in misura più ampia la cultura della previdenza? I nostri ordini territoriali affrontano adeguatamente la tematica con incontri informativi che vadano al di là del semplice e singolo evento a completamento della formazione obbligatoria? Mi sembra di avvertire, parlando con i colleghi, l’assoluta mancanza di una cultura previdenziale.

Cosa possiamo fare? Di certo, incominciare ad occuparcene. L’occasione è questa. Decidere chi ci deve rappresentare, sulla scorta di un programma e di dichiarazioni d’intenti specifiche sulle priorità da perseguire. Lo sviluppo dei rapporti con gli Iscritti è il primo passo per una coscienza collettiva e per il superamento di quello scollamento dalle istituzioni che si sente, anche nei rapporti con la Cassa Nazionale di previdenza. Più informazione e più formazione agli iscritti, più coordinamento delle attività tra cassa e ordine. Perché gli interessi sono – e devono essere – comuni.

Il nostro intento è quello di un rinnovato e completo coinvolgimento alle tematiche della previdenza di tutti gli iscritti, che parta da una completa e diffusa informazione, per poi affrontare con dovuta coscienza e conoscenza problemi quali:

  • l’incompatibilità professionale, quale motivo di perdita del diritto alla pensione;
  • l’adeguatezza delle future pensioni e il miglioramento dei trattamenti assistenziali futuri;
  • lo sviluppo di un possibile modello di previdenza complementare;
  • il rafforzamento della solidarietà intergenerazionale.

 Non possiamo non registrare i cambiamenti in atto nella nostra società e questi devono investire necessariamente anche il nostro mondo professionale e relazionale. In tale ottica, quindi, l’attenzione và posta in ambito assistenziale alla “professione al femminile” ed alle problematiche inerenti. Ma, proprio in tema di cambiamenti sociali, maggior attenzione và posta anche alla distribuzione dei carichi familiari ed alla previsione di una indennità di paternità.

Chi ci assicura – poi – nei momenti, si spera rari, di difficoltà una tranquillità economica? Perché allora non pensare ad un assegno di malattia?

Le idee sono numerose e la volontà tanta. E’ necessario rimboccarsi le maniche e ripensare – insieme – un sistema migliore e più adeguato ai mutamenti in atto.

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